Produttività sostenibile: perché è il momento di misurare i risultati (non le ore)
- Caterina Boschetti
- 4 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Introduzione
In molte organizzazioni oggi persiste la cultura del “contare le ore”: uscire alle 17 senza straordinari può essere percepito come poco serio, e spesso si tende a valutare la presenza fisica più che i risultati reali. Questo approccio rischia di generare ambienti tossici, dove l’equilibrio tra vita e lavoro si indebolisce, dove la stanchezza mentale cresce e la motivazione cala.Al contrario, la tendenza emergente — sostenuta da ricerche recenti — è quella della produttività sostenibile: fare benepiuttosto che fare tanto e a lungo. Misurare ciò che conta davvero, valorizzare gli obiettivi, creare ambienti collaborativi e sereni. In questo articolo vedremo perché è importante questo cambio di paradigma, quali dati lo confermano e come trasformare in pratica questa visione.
Perché “ore lavorate” non è più un buon indicatore
Il cambiamento dei parametri di misura
Secondo un articolo di Gartner, «la misurazione tradizionale della produttività (ore = presenza) è un mito che può penalizzare il benessere e la performance reale». In particolare:
La ricerca Gartner “Four myths that are hampering employee productivity” evidenzia che il 21 % dei dipendenti ibridi o on-site è considerato altamente produttivo nello stesso modo, il che suggerisce che non è il “dove” ma il “come” che determina la produttività.
Inoltre, il paradigma “maggiori ore davanti al computer = più produttività” è smentito: anche se si registra più presenza o più ore, non sempre ciò si traduce in valore reale.
Dati recenti sul carico e la capacità
Il rapporto Microsoft “Work Trend Index 2025” mostra che le richieste di lavoro stanno superando la capacità umana di risposta: secondo il report, molte persone segnalano di «non avere tempo o energia sufficiente per svolgere il proprio lavoro» nonostante l’impegno in ore. In particolare:
Il report evidenzia che il 53 % dei leader afferma che la produttività deve aumentare, mentre l’80 % della forza lavoro globale riporta di essere “massima” o senza margini.
Le interruzioni costanti (riunioni, email, chat) rendono complesso “fare bene” in tempi sostenibili.
Questi dati mostrano chiaramente: concentrarsi sulle ore in ufficio non è sufficiente — serve un cambio di paradigma verso misurazione degli obiettivi, valore prodotto, e benessere del team.
Come creare ambienti che valorizzino la qualità del lavoro
Ecco alcune pratiche concrete che puoi proporre ai tuoi lettori per implementare un modello più sano e orientato ai risultati.
1. Definire e comunicare obiettivi chiari e misurabili
Invece di chiedere “quante ore hai fatto”, chiedere “quali risultati hai raggiunto”.
Stabilire per ogni ruolo KPI di output (es.: numero di proposte inviate, tasso di chiusura, tempo medio di risposta, qualità del feedback) più che ore al pc.
Comunicare le aspettative di performance e assicurarsi che tutti comprendano perché quei risultati contano.
Rendere trasparente l’allineamento tra obiettivi individuali, del team e dell’organizzazione.
2. Ridurre le interruzioni e preservare focus time
Le ore non presidiate da interruzioni sono quelle in cui si “produce bene”.
Introdurre “blocchi di lavoro profondo” (es.: 2-3 ore al giorno in cui non ci sono riunioni né messaggi) per favorire la concentrazione.
Limitare le riunioni lunghe o non necessarie: spesso molte ore in ufficio si traducono in partecipazioni passiva, che erodono energia e motivazione.
Monitorare non le ore passate, ma il tasso di completamento di compiti rilevanti e la qualità del risultato.
3. Promuovere la cultura della fiducia e dell’autonomia
Quando si valorizza il risultato, va dato spazio alla responsabilità e all’autonomia.
Consentire flessibilità nei tempi e nei luoghi, purché gli obiettivi vengano raggiunti.
Evitare commenti come “Se stai andando via presto significa che non hai da fare”: questi messaggi generano ambienti in cui la presenza è più importante della performance.
Favorire il feedback continuo: non “ti ho visto uscire alle 17”, ma “hai consegnato questo oggi, e come lo hai vissuto?”. Così si costruisce senso di appartenenza, non solo presenza.
4. Valutare la produttività come combinazione di efficienza + valore
Come suggerisce Gartner, la produttività efficace è composta da due dimensioni: efficienza (fare bene) e creazione di valore (fare ciò che ha impatto).
Monitorare non solo “ore lavorate” ma “tempo dedicato a compiti strategici” e “contributo reale al business”.
Analizzare i dati con contesto: non solo numeri grezzi, ma capire cosa quei numeri rappresentano sul piano del risultato aziendale.
5. Coltivare il benessere e prevenire la stanchezza mentale
Le ore lunghe e la presenza forzata generano sovraccarico mentale, stress e diminuzione della creatività.
Introduci politiche di “pausa consapevole” e tutela dell’energia cognitiva del team.
Organizza momenti informali, favorisci relazioni genuine: quando il team si sente bene, migliori i risultati.
Monitorare non solo i risultati quantitativi ma anche la percezione di equilibrio casa-lavoro, la soddisfazione e l’engagement.
Conclusione
Misurare le ore in ufficio può sembrare semplice, ma è un indicatore inarrestabilmente limitato e potenzialmente dannoso per la cultura aziendale e il benessere delle persone. Il vero vantaggio competitivo oggi è la produttività sostenibile, la capacità di creare valore, di raggiungere risultati, di lavorare bene — non semplicemente di stare tanto.Le organizzazioni che abbracciano questo paradigma — definendo obiettivi chiari, riducendo le interruzioni, promuovendo fiducia e autonomia, e valutando la qualità oltre la quantità — stanno diventando ambienti collaborativi, sereni e performanti.
Se il tuo team continua a valutare solo “le ore”, è tempo di cambiare: per il bene delle persone e del business.




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